1. A01.
Leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande
Ettore, Andromaca e il figlioletto alle Porte Scee
L'autore procede a una riscrittura dell'Iliade per adattare il poema omerico a una lettura pubblica in teatro. Nel testo, a differenza di Omero, l'autore affida alla nutrice il racconto dell'episodio dell'incontro di Ettore con la moglie e il figlio sulle mura di Troia, alle porte Scee, prima del duello con Achille.
[…] Così disse Ettore glorioso, e poi venne verso di me. Io tenevo suo figlio in braccio, capite? E lui si avvicinò e fece per prenderlo tra le sue mani. Ma il bambino si strinse al mio petto, scoppiando a piangere, lo aveva impaurito veder il padre, lo spaventavano quelle armi di bronzo, e il pennacchio sull'elmo, lo vedeva ondeggiare, spaventoso, e così scoppiò a piangere. E mi ricordo che allora Ettore e Andromaca si guardarono e sorrisero. Poi lui si tolse l'elmo e lo posò a terra. Allora il bambino si fece prendere, e lui lo strinse tra le sue braccia. E lo baciò. E sollevandolo in alto disse: "Zeus, e voi, divinità del cielo, fate che questo mio figlio sia come me, più forte tra tutti i Troiani, e signore di Ilio. Fate che la gente, vedendolo tornare dalla battaglia, dica: "È perfino più forte di suo padre". Fate che torni un giorno portando le spoglie insanguinate dei nemici, e fate che sua madre sia là, quel giorno, a gioire nel suo cuore". E mentre diceva queste parole mise il figlio tra le braccia di Andromaca. E mi ricordo che lei sorrideva e piangeva, stringendosi al petto il suo bambino, piangeva e sorrideva: e guardandola Ettore ebbe pietà di lei, e la accarezzò, e le disse. "Non affliggerti troppo nel tuo cuore. Nessuno riuscirà ad uccidermi se non lo vorrà il destino; e se il destino lo vorrà, allora pensa che al destino nessun uomo, una volta che è nato, può sfuggire. Vile o coraggioso che sia. Nessuno. Ora torna a casa e rimettiti al lavoro, al fuso e al telaio, con le ancelle. Lascia che alla guerra pensino gli uomini, tutti gli uomini di Ilio, e io più di ogni altro uomo di Ilio". Poi si chinò e riprese l'elmo da terra, l'elmo dalla chioma ondeggiante. Noi tornammo a casa. Camminando, piangeva, Andromaca, e continuava a voltarsi indietro. Quando le ancelle la videro arrivare, in tutte loro suscitò una grande tristezza. Tutte scoppiarono in pianto. Piangevano Ettore, lo piangevano nella sua casa e lo piangevano mentre ancora era vivo. Perché nessuna pensava in cuor suo che vivo sarebbe tornato dalla battaglia.
A chi appartiene la voce narrante?
2. A02.
Ettore, Andromaca e il figlioletto alle Porte Scee
L'autore procede a una riscrittura dell'Iliade per adattare il poema omerico a una lettura pubblica in teatro. Nel testo, a differenza di Omero, l'autore affida alla nutrice il racconto dell'episodio dell'incontro di Ettore con la moglie e il figlio sulle mura di Troia, alle porte Scee, prima del duello con Achille.
[…] Così disse Ettore glorioso, e poi venne verso di me. Io tenevo suo figlio in braccio, capite? E lui si avvicinò e fece per prenderlo tra le sue mani. Ma il bambino si strinse al mio petto, scoppiando a piangere, lo aveva impaurito veder il padre, lo spaventavano quelle armi di bronzo, e il pennacchio sull'elmo, lo vedeva ondeggiare, spaventoso, e così scoppiò a piangere. E mi ricordo che allora Ettore e Andromaca si guardarono e sorrisero. Poi lui si tolse l'elmo e lo posò a terra. Allora il bambino si fece prendere, e lui lo strinse tra le sue braccia. E lo baciò. E sollevandolo in alto disse: "Zeus, e voi, divinità del cielo, fate che questo mio figlio sia come me, più forte tra tutti i Troiani, e signore di Ilio. Fate che la gente, vedendolo tornare dalla battaglia, dica: "È perfino più forte di suo padre". Fate che torni un giorno portando le spoglie insanguinate dei nemici, e fate che sua madre sia là, quel giorno, a gioire nel suo cuore". E mentre diceva queste parole mise il figlio tra le braccia di Andromaca. E mi ricordo che lei sorrideva e piangeva, stringendosi al petto il suo bambino, piangeva e sorrideva: e guardandola Ettore ebbe pietà di lei, e la accarezzò, e le disse. "Non affliggerti troppo nel tuo cuore. Nessuno riuscirà ad uccidermi se non lo vorrà il destino; e se il destino lo vorrà, allora pensa che al destino nessun uomo, una volta che è nato, può sfuggire. Vile o coraggioso che sia. Nessuno. Ora torna a casa e rimettiti al lavoro, al fuso e al telaio, con le ancelle. Lascia che alla guerra pensino gli uomini, tutti gli uomini di Ilio, e io più di ogni altro uomo di Ilio". Poi si chinò e riprese l'elmo da terra, l'elmo dalla chioma ondeggiante. Noi tornammo a casa. Camminando, piangeva, Andromaca, e continuava a voltarsi indietro. Quando le ancelle la videro arrivare, in tutte loro suscitò una grande tristezza. Tutte scoppiarono in pianto. Piangevano Ettore, lo piangevano nella sua casa e lo piangevano mentre ancora era vivo. Perché nessuna pensava in cuor suo che vivo sarebbe tornato dalla battaglia.
Perché il bambino piange durante l'incontro con Ettore?
3. A03.
Ettore, Andromaca e il figlioletto alle Porte Scee
L'autore procede a una riscrittura dell'Iliade per adattare il poema omerico a una lettura pubblica in teatro. Nel testo, a differenza di Omero, l'autore affida alla nutrice il racconto dell'episodio dell'incontro di Ettore con la moglie e il figlio sulle mura di Troia, alle porte Scee, prima del duello con Achille.
[…] Così disse Ettore glorioso, e poi venne verso di me. Io tenevo suo figlio in braccio, capite? E lui si avvicinò e fece per prenderlo tra le sue mani. Ma il bambino si strinse al mio petto, scoppiando a piangere, lo aveva impaurito veder il padre, lo spaventavano quelle armi di bronzo, e il pennacchio sull'elmo, lo vedeva ondeggiare, spaventoso, e così scoppiò a piangere. E mi ricordo che allora Ettore e Andromaca si guardarono e sorrisero. Poi lui si tolse l'elmo e lo posò a terra. Allora il bambino si fece prendere, e lui lo strinse tra le sue braccia. E lo baciò. E sollevandolo in alto disse: "Zeus, e voi, divinità del cielo, fate che questo mio figlio sia come me, più forte tra tutti i Troiani, e signore di Ilio. Fate che la gente, vedendolo tornare dalla battaglia, dica: "È perfino più forte di suo padre". Fate che torni un giorno portando le spoglie insanguinate dei nemici, e fate che sua madre sia là, quel giorno, a gioire nel suo cuore". E mentre diceva queste parole mise il figlio tra le braccia di Andromaca. E mi ricordo che lei sorrideva e piangeva, stringendosi al petto il suo bambino, piangeva e sorrideva: e guardandola Ettore ebbe pietà di lei, e la accarezzò, e le disse. "Non affliggerti troppo nel tuo cuore. Nessuno riuscirà ad uccidermi se non lo vorrà il destino; e se il destino lo vorrà, allora pensa che al destino nessun uomo, una volta che è nato, può sfuggire. Vile o coraggioso che sia. Nessuno. Ora torna a casa e rimettiti al lavoro, al fuso e al telaio, con le ancelle. Lascia che alla guerra pensino gli uomini, tutti gli uomini di Ilio, e io più di ogni altro uomo di Ilio". Poi si chinò e riprese l'elmo da terra, l'elmo dalla chioma ondeggiante. Noi tornammo a casa. Camminando, piangeva, Andromaca, e continuava a voltarsi indietro. Quando le ancelle la videro arrivare, in tutte loro suscitò una grande tristezza. Tutte scoppiarono in pianto. Piangevano Ettore, lo piangevano nella sua casa e lo piangevano mentre ancora era vivo. Perché nessuna pensava in cuor suo che vivo sarebbe tornato dalla battaglia.
Quale preghiera Ettore rivolge agli dei per il figlio quando sarà adulto?
4. A4.
Andromaca "sorrideva e piangeva" nello stesso tempo, agitata da sentimenti contrastanti.
Quali motivazioni, tra quelle indicate, possono spiegare rispettivamente i due comportamenti di Andromaca?
Attenzione: due motivazioni non sono pertinenti a quanto affermato nel testo.
a) Per il presagio della vittoria dei Greci ---------------
b) Per la tenera scena tra padre e figlio---------------
c) Per l'orgoglio di essere regina--------------
d) Per il timore dell'uccisione di Ettore---------------
e) Per la fierezza suscitata dalle parole di Ettore per il figlio---------------
f) Per l'essere messa in disparte in quanto donna--------------
5. A05.
Ettore, Andromaca e il figlioletto alle Porte Scee
L'autore procede a una riscrittura dell'Iliade per adattare il poema omerico a una lettura pubblica in teatro. Nel testo, a differenza di Omero, l'autore affida alla nutrice il racconto dell'episodio dell'incontro di Ettore con la moglie e il figlio sulle mura di Troia, alle porte Scee, prima del duello con Achille.
[…] Così disse Ettore glorioso, e poi venne verso di me. Io tenevo suo figlio in braccio, capite? E lui si avvicinò e fece per prenderlo tra le sue mani. Ma il bambino si strinse al mio petto, scoppiando a piangere, lo aveva impaurito veder il padre, lo spaventavano quelle armi di bronzo, e il pennacchio sull'elmo, lo vedeva ondeggiare, spaventoso, e così scoppiò a piangere. E mi ricordo che allora Ettore e Andromaca si guardarono e sorrisero. Poi lui si tolse l'elmo e lo posò a terra. Allora il bambino si fece prendere, e lui lo strinse tra le sue braccia. E lo baciò. E sollevandolo in alto disse: "Zeus, e voi, divinità del cielo, fate che questo mio figlio sia come me, più forte tra tutti i Troiani, e signore di Ilio. Fate che la gente, vedendolo tornare dalla battaglia, dica: "È perfino più forte di suo padre". Fate che torni un giorno portando le spoglie insanguinate dei nemici, e fate che sua madre sia là, quel giorno, a gioire nel suo cuore". E mentre diceva queste parole mise il figlio tra le braccia di Andromaca. E mi ricordo che lei sorrideva e piangeva, stringendosi al petto il suo bambino, piangeva e sorrideva: e guardandola Ettore ebbe pietà di lei, e la accarezzò, e le disse. "Non affliggerti troppo nel tuo cuore. Nessuno riuscirà ad uccidermi se non lo vorrà il destino; e se il destino lo vorrà, allora pensa che al destino nessun uomo, una volta che è nato, può sfuggire. Vile o coraggioso che sia. Nessuno. Ora torna a casa e rimettiti al lavoro, al fuso e al telaio, con le ancelle. Lascia che alla guerra pensino gli uomini, tutti gli uomini di Ilio, e io più di ogni altro uomo di Ilio". Poi si chinò e riprese l'elmo da terra, l'elmo dalla chioma ondeggiante. Noi tornammo a casa. Camminando, piangeva, Andromaca, e continuava a voltarsi indietro. Quando le ancelle la videro arrivare, in tutte loro suscitò una grande tristezza. Tutte scoppiarono in pianto. Piangevano Ettore, lo piangevano nella sua casa e lo piangevano mentre ancora era vivo. Perché nessuna pensava in cuor suo che vivo sarebbe tornato dalla battaglia.
Quale concezione del destino esprime Ettore con le sue parole?
6. A06.
Ettore, Andromaca e il figlioletto alle Porte Scee
L'autore procede a una riscrittura dell'Iliade per adattare il poema omerico a una lettura pubblica in teatro. Nel testo, a differenza di Omero, l'autore affida alla nutrice il racconto dell'episodio dell'incontro di Ettore con la moglie e il figlio sulle mura di Troia, alle porte Scee, prima del duello con Achille.
[…] Così disse Ettore glorioso, e poi venne verso di me. Io tenevo suo figlio in braccio, capite? E lui si avvicinò e fece per prenderlo tra le sue mani. Ma il bambino si strinse al mio petto, scoppiando a piangere, lo aveva impaurito veder il padre, lo spaventavano quelle armi di bronzo, e il pennacchio sull'elmo, lo vedeva ondeggiare, spaventoso, e così scoppiò a piangere. E mi ricordo che allora Ettore e Andromaca si guardarono e sorrisero. Poi lui si tolse l'elmo e lo posò a terra. Allora il bambino si fece prendere, e lui lo strinse tra le sue braccia. E lo baciò. E sollevandolo in alto disse: "Zeus, e voi, divinità del cielo, fate che questo mio figlio sia come me, più forte tra tutti i Troiani, e signore di Ilio. Fate che la gente, vedendolo tornare dalla battaglia, dica: "È perfino più forte di suo padre". Fate che torni un giorno portando le spoglie insanguinate dei nemici, e fate che sua madre sia là, quel giorno, a gioire nel suo cuore". E mentre diceva queste parole mise il figlio tra le braccia di Andromaca. E mi ricordo che lei sorrideva e piangeva, stringendosi al petto il suo bambino, piangeva e sorrideva: e guardandola Ettore ebbe pietà di lei, e la accarezzò, e le disse. "Non affliggerti troppo nel tuo cuore. Nessuno riuscirà ad uccidermi se non lo vorrà il destino; e se il destino lo vorrà, allora pensa che al destino nessun uomo, una volta che è nato, può sfuggire. Vile o coraggioso che sia. Nessuno. Ora torna a casa e rimettiti al lavoro, al fuso e al telaio, con le ancelle. Lascia che alla guerra pensino gli uomini, tutti gli uomini di Ilio, e io più di ogni altro uomo di Ilio". Poi si chinò e riprese l'elmo da terra, l'elmo dalla chioma ondeggiante. Noi tornammo a casa. Camminando, piangeva, Andromaca, e continuava a voltarsi indietro. Quando le ancelle la videro arrivare, in tutte loro suscitò una grande tristezza. Tutte scoppiarono in pianto. Piangevano Ettore, lo piangevano nella sua casa e lo piangevano mentre ancora era vivo. Perché nessuna pensava in cuor suo che vivo sarebbe tornato dalla battaglia.
Quale sentimento domina Ettore mentre va al duello?
7. A07. Individua le caratteristiche della narrazione presenti in questo testo.
Ettore, Andromaca e il figlioletto alle Porte Scee
L'autore procede a una riscrittura dell'Iliade per adattare il poema omerico a una lettura pubblica in teatro. Nel testo, a differenza di Omero, l'autore affida alla nutrice il racconto dell'episodio dell'incontro di Ettore con la moglie e il figlio sulle mura di Troia, alle porte Scee, prima del duello con Achille.
[…] Così disse Ettore glorioso, e poi venne verso di me. Io tenevo suo figlio in braccio, capite? E lui si avvicinò e fece per prenderlo tra le sue mani. Ma il bambino si strinse al mio petto, scoppiando a piangere, lo aveva impaurito veder il padre, lo spaventavano quelle armi di bronzo, e il pennacchio sull'elmo, lo vedeva ondeggiare, spaventoso, e così scoppiò a piangere. E mi ricordo che allora Ettore e Andromaca si guardarono e sorrisero. Poi lui si tolse l'elmo e lo posò a terra. Allora il bambino si fece prendere, e lui lo strinse tra le sue braccia. E lo baciò. E sollevandolo in alto disse: "Zeus, e voi, divinità del cielo, fate che questo mio figlio sia come me, più forte tra tutti i Troiani, e signore di Ilio. Fate che la gente, vedendolo tornare dalla battaglia, dica: "È perfino più forte di suo padre". Fate che torni un giorno portando le spoglie insanguinate dei nemici, e fate che sua madre sia là, quel giorno, a gioire nel suo cuore". E mentre diceva queste parole mise il figlio tra le braccia di Andromaca. E mi ricordo che lei sorrideva e piangeva, stringendosi al petto il suo bambino, piangeva e sorrideva: e guardandola Ettore ebbe pietà di lei, e la accarezzò, e le disse. "Non affliggerti troppo nel tuo cuore. Nessuno riuscirà ad uccidermi se non lo vorrà il destino; e se il destino lo vorrà, allora pensa che al destino nessun uomo, una volta che è nato, può sfuggire. Vile o coraggioso che sia. Nessuno. Ora torna a casa e rimettiti al lavoro, al fuso e al telaio, con le ancelle. Lascia che alla guerra pensino gli uomini, tutti gli uomini di Ilio, e io più di ogni altro uomo di Ilio". Poi si chinò e riprese l'elmo da terra, l'elmo dalla chioma ondeggiante. Noi tornammo a casa. Camminando, piangeva, Andromaca, e continuava a voltarsi indietro. Quando le ancelle la videro arrivare, in tutte loro suscitò una grande tristezza. Tutte scoppiarono in pianto. Piangevano Ettore, lo piangevano nella sua casa e lo piangevano mentre ancora era vivo. Perché nessuna pensava in cuor suo che vivo sarebbe tornato dalla battaglia.
Fa una scelta per ogni riga, per ciascuna frase seleziona Vero oppure Falso:
8. B01.
Completa le frasi che seguono con il quantificatore adatto.
Scegli l'aggettivo (rispettando le regole di concordanza).
Attenzione: due aggettivi sono in più.
11. C01.
Leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
Chi sono le due gemelle di cui si parla nel testo?
12. C02.
Leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
A chi si rivolge la voce narrante?
13. C03.
In base a quanto letto, indica se le seguenti affermazioni si possono attribuire
oppure non si possono attribuire ad Anemone:
14. C04.
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
Che cosa sono i "nove mesi prenatali"?
Indica l'opzione che ritieni corretta:
15. C05.
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
"Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare."
Secondo te, qual è il tono di questa affermazione?
16. C06.
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
Perché la voce narrante dice che "Tredici secondi di ritardo […] hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale"?
17. C07.
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
Quale delle seguenti affermazioni riguardanti la madre delle due gemelle è vera?
18. C08.
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
Dove abitava la famiglia delle due gemelle?
In una fattoria.
In pieno centro cittadino.
19. C09.
Il racconto di Ortensia
Siamo gemelle, io e Anemone. No, non monozigote1. Ognuna ha avuto il proprio ovulo. Fortunatamente. È una circostanza piuttosto fastidiosa. Credo che chiunque abbia il diritto di trascorrere almeno i suoi nove mesi prenatali in santa pace. Anemone aveva una forte pulsione a invadere, era un feto molto forzuto e strafottente. Io adoro mia sorella, Manola, è quel genere di personcina folklorica che non si può non amare. Tutti la amano. Temo che quella credenza popolare della camicia di fortuna per i nascituri abbia un suo fondamento di verità. Ho il sospetto che mia sorella, alle ventitré, cinquantanove minuti e quarantasette secondi di quel lontano giovedì sedici novembre, sia nata avvolta da un poderoso camicione idrorepellente2. Tutto le scivola addosso senza ferirla.
Io invece sono venuta fuori dopo un po'. Non si erano accorti che ci fossi anch'io. Il ginecologo di mia madre, auscultando il suo robusto pancione, disse che si trattava di un maschio, di un solo, formidabile, maschio. Sono nata alle zero zero del diciassette novembre, venerdì. Tredici secondi di ritardo che hanno influito in maniera catastrofica sul mio oroscopo astrale. Nacqui podalica3. Mi affacciai col mio didietro ruvido e rugoso, e venni fuori violacea , piuttosto pelosa, sembravo un piccolo struzzo. Mia madre appena mi vide mi vomitò addosso.
Credo che laggiù, in fondo all'utero, io sentissi che le stavo nuocendo, per questo mi ricantucciavo. Credo si trattasse di un microscopico senso di colpa prenatale, e di conseguenza feci di tutto per non uscire, per non dover affrontare il resto. Lo so perché ho frequentato un corso di reintegrazione primaria in una vasca d'acqua tiepida, e ho potuto, quindi, rivivere la mia vita intrauterina senza la mia impermeabile sorella. Anemone si era offerta di accompagnarmi. Le ho detto: "Grazie del pensiero, cara, ma almeno il rebirthing4 voglio farlo da sola!"
L'unico veramente felice del raddoppio fu mio padre, che adorava le bambine. Mentre mia madre stava facendo il secondamento>5, lui si scatenò in una tyrolienne montanina>6 sull'aia insieme al marito della levatrice. Bevve e ballò tutta la notte, sotto le stelle, cercando i nostri nomi lassù nel firmamento. Poi stramazzò ubriaco in un campo di fiori, e così…
Dove abitava la famiglia delle due gemelle?
In una fattoria.
In pieno centro cittadino.
25. D02.
Completa le frasi che seguono con il verbo adatto :
27. D04.
Indica quale funzione svolge il verbo essere nelle seguenti frasi.
28. D05.
Nelle seguenti frasi inserisci il verbo al congiuntivo, nel tempo che ritieni corretto.
36. D13.
Completa la frase che segue con i termini adatti :
Il forte e repentino abbassamento della (1) accompagnato da gelate anche in pianura
mette a (2) verdure e ortaggi coltivati in pieno campo e i frutteti pronti alla fioritura
dopo un (3) di gennaio caldo con temperature massime di 3,3 gradi superiori alla (4).
38. D15.
Indica se la parole evidenziate nelle seguenti frasi sono utilizzate in
senso proprio, cioè denotativo, oppure in senso figurato, cioè connotativo.