1. A01. Ponti che non crollano, reti che non si spezzano
(leggi il seguente testo e poi, a seguire, rispondi alle domande)
Nel meraviglioso film Indiana Jones e l'ultima crociata, Harrison Ford riesce a mettere le sue accademiche mani sul Santo Graal dopo aver superato tre prove, l'ultima delle quali – la fede in Dio – è una vera e propria prova di fiducia.
L'impavido archeologo deve infatti attraversare un burrone di altezza imprecisata senza che si veda alcun ponte tra i due versanti. Il ponte, in effetti, c'è, ma è costruito in modo da essere invisibile: basterà che Indy, per caso, versi un po' di sabbia sopra il crepaccio per evidenziare la presenza del ponte e poter quindi attraversare tranquillo. Non gli viene in mente neppure per un attimo che il detto ponte potrebbe crollare sotto il suo peso; in fondo è opera divina, per cui perfetta, e una costruzione perfetta non può crollare.
Ecco, per quanto riguarda i ponti concreti, quelli di pilastri e cemento, noi esseri umani non potremo mai ambire a cotanta eterna perfezione: già costruirne uno sullo Stretto di Messina ci pone talmente tanti problemi ingegneristici e organizzativi, che ancora non abbiamo capito bene se sia il caso di farlo o meno.
Con le opere astratte del nostro ingegno invece possiamo fare qualunque cosa. Non solo come robustezza intrinseca ma come durata.
Prendiamo l'esempio più banale e trito che si possa pensare: il teorema di Pitagora, per cui il quadrato costruito sull'ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui due cateti. Questa affermazione vale per qualsiasi triangolo rettangolo. Punto.
Il teorema non dice "a patto che sia martedì", oppure "nel caso in cui non vi chiamiate Goffredo", o "da utilizzare prima del 31/12/2019". Una volta dimostrato, è eterno. E poco importa che si tratti di un oggetto astratto, di una mera costruzione del mio cervello. Anzi, proprio nella sua astrazione sta la sua potenza: nessun agente chimico o atmosferico può corroderlo. Resisterà a noi, ai nostri figli e ai figli dei nostri figli.
È quanto di più simile all'eterno possiamo sperare di concepire.
Esiste solo nella mia testa? Be', ma la mia testa esiste. E anche quella di altre persone. Quindi, un teorema matematico esisterà fin quando esisterà qualcuno in grado di capirlo. Di capirlo e usarlo per costruire teoremi nuovi.
Scegli la destinazione più plausibile di questo testo.
3. A03.
Stabilisci se le seguenti affermazioni sono vere, false o non verificabili nel testo.
4. A04.
Stabilisci quale tipo di connessione tra le frasi
stabiliscono le congiunzioni seguenti.
5. A05.
Stabilisci se le seguenti osservazioni relative
alla struttura del testo sono corrette o errate
7. A07. Dal lato della strada
(leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande)
Quando ero piccolo, e andavo a scuola insieme a mio fratello, mia madre mi diceva di tenerlo per mano, e questo mi sembrava giusto e anche responsabile. Quello che non capivo è perché mi diceva sempre: «mi raccomando, quando passate per quella strada dove non c’è il marciapiede, mettiti sempre tu dal lato della strada, dove passano le automobili». Io lo facevo, e lo facevo con diligenza, ma ero molto dispiaciuto. Per me significava: «io spero che nessuna auto vi butti sotto, ma se proprio dovesse succedere, preferisco che muoia tu piuttosto che lui».
La cosa mi rendeva abbastanza agitato. Anche perché, ogni volta che le chiedevo un po’ più di nutella nel panino, lei diceva che non era giusto, e che eravamo tutti uguali; e a quel punto non ho mai avuto il coraggio di risponderle: «e allora se siamo tutti uguali, la mattina dal lato della strada si mette chi capita, o facciamo una mattina per uno, così le possibilità di essere investiti sono alla pari».
Confesso che ho più volte avuto la tentazione di lasciare lui, dal lato della strada; ma mi mettevo una paura del diavolo, perché sono sicuro che se si fosse spiaccicato sotto un’auto, le avrei prese di brutto, perché sarebbe stato evidente che avevo lasciato lui dalla parte più pericolosa, disubbidendo. A dire la verità, avevo già preparato una scusa: avrei detto con voce incredula che era stata colpa di un pazzo che con il motorino aveva tentato di passare rasente il muro e aveva colpito in pieno mio fratello; questa spiegazione non soltanto mi sembrava credibile, ma mi avrebbe pure consentito di fare a mia madre una lezione morale, del tipo «in nessun luogo si può essere al sicuro quando il destino ha scelto, nemmeno dalla parte del muro».
Ora, che lui si spiaccicasse mi importava sì, ma fino a un certo punto, anche perché i miei precoci calcoli economici mi suggerivano che, rimanendo l’offerta di nutella alla stessa quantità e dimezzandosi la domanda con la dipartita di mio fratello, io avrei ricevuto chiari vantaggi, raddoppiando il fatturato. Ma anche le leggi economiche hanno il loro freno morale, e allora, nonostante il fatto che mentre pensavo queste cose con l’anca mi veniva da spingere leggermente mio fratello verso il centro della strada, poi la smettevo subito pensando al tradimento nei confronti di mia madre, alla punizione che avrei ricevuto facendo le dovute proporzioni. E cioè: se la pena per una parola sconcia era di due sberle e due ore chiuso in camera, figuriamoci quella per l’assassinio di mio fratello. E poi non avrei avuto più chi mi passava la palla mentre giocavo giù nel parco.
La verità però è un’altra: quello che mi premeva di più era non tradire mia madre; credevo molto in lei, nonostante preferisse che un parafango colpisse me piuttosto che mio fratello, e andavo a scuola come un eroe alla guerra pronto a sacrificarsi per la patria. Non appena svoltavamo l’angolo e scendevamo dal marciapiede, passavo mio fratello da una mano all’altra e lo tenevo dalla parte del muro, mentre io, con la tristezza nel cuore, mi tenevo dal lato della strada, e ogni volta che passava un’auto o una motocicletta chiudevo gli occhi e aspettavo che il vento mi colpisse in pieno viso, e ogni volta poi tiravo un sospiro di sollievo. Certi giorni mi ponevo addirittura il dilemma se non fosse una disubbidienza anche quella di arrivare sano e salvo a scuola, ma poi mi convincevo facilmente che esageravo, e mia madre aveva fatto solo una lista di preferenze, e non voleva proprio ammazzarmi.
Me ne rendevo conto in maniera chiara quando uscivo con lei e, rifacendo lo stesso percorso, mi teneva al riparo dalla strada con il suo corpo: faceva con me quello che aveva chiesto a me di fare con mio fratello. A quel punto rivalutai la mia posizione, pensando che se si sacrificava lei stessa, potevo farlo benissimo anch’io. Era un circolo: una volta protettore, una volta protetto. Però quello che non riuscivo a sopportare era che alla fine del circolo c’era mio fratello che non moriva mai perché non proteggeva nessuno, e all’inizio c’era, che so, mio nonno che rischiava la vita tutti i momenti, proteggendo tutti, e finivo per credere che camminasse sempre al centro della strada anche quando stava solo, non foss’altro che per il sollievo di sentirsi sollevato dall’incarico qualora un’auto l’avesse sollevato da terra.
Quando poi mio nonno morì per davvero, nel suo letto e non perché gli fosse passata sopra una Ferrari Testarossa, che io poi pensavo si chiamasse così per le conseguenze causate a quelli che investiva – anche se quando seppi del decesso chiesi a mia madre com’era avvenuto, sperando proprio che un’auto incurante delle leggi stradali avesse salito le scale e fosse penetrata fino a dentro la camera da letto colpendo in pieno mio nonno, così avrei potuto dire ancora una volta, col dito indice sollevato a rimprovero: «quale migliore esempio per capire che in nessun luogo si è davvero al sicuro quando il destino ha scelto, nemmeno nel proprio letto», e il destino per me aveva sempre la forma di un’auto impazzita nel centro storico; quando morì mio nonno, la situazione si fece più chiara perché mia nonna, non sua moglie, ma l’altra nonna che avevo, aveva detto il giorno dei funerali «e non era meglio che morivo io?», non per una scala di valori, s’intende, ma perché lei, diceva, aveva dieci anni di più, e sarebbe stato più giusto che fosse morta lei. Ragionamento impeccabile, che faceva luce su tutta la questione della vita, della morte e sul fatto che io dovessi stare dalla parte della strada quando uscivo con mio fratello e dalla parte del muro quando uscivo con mia madre. Pensavo anche che, secondo questa logica, prima che toccasse a me di stare sempre dal lato della strada, come era stato per mio nonno, mancava molto tempo, e allora mi sentivo rasserenato. [...]
Il testo che hai letto è:
un testo espositivo
un saggio
una cronaca
13. A13.
Distingui, tra le espressioni seguenti, quelle che appartengono a un registro linguistico quotidiano,
tipico del parlato, da quelle che sono proprie di un modo di esprimersi più curato e formale.
16. A16.
Quali delle caratteristiche seguenti, secondo il testo, ha il protagonista?
21. A21.
In base al testo, indica quali sono i pensieri del protagonista dopo la morte del nonno.